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'No More' una mostra fotografica contro la violenza sulle donne

'No More' una mostra fotografica contro la violenza sulle donne
Autore: Nostra inviata Susanna Schivardi
Data: 25/11/2013

“Spesso siamo noi donne a non voler infrangere i ruoli” – ecco quanto dice la grande artista mondiale Marina Abramovic, a proposito delle donne vittime di violenza. In una giornata come questa, il 25 Novembre, in cui si combatte senza armi, se non quelle dell’arte e della parola, contro la perpetuata violenza sulle donne, nessuna frase calza davvero, per esprimere il disgusto, la vergogna, l’impossibilità apparente di impedire un tale massacro. Perché di massacro si tratta, quando un uomo picchia fino alla morte, prende a calci, riduce il volto in un mucchio di pelle e ossa e sangue che non hanno più forma.

Flashmob, rassegne teatrali, libri, poesie, canzoni, foto, tanto fanno le donne e non solo, per cantare al mondo l’assurdità della violenza.

Al teatro del Lido di Ostia, un gruppo di organizzatori, impegnati in vari ambiti del sociale, hanno deciso di realizzare dal 15 Novembre al 1 Dicembre una rassegna multidisciplinare tra musica, teatro, danza, cinema e arti visive intitolata No More. “Il titolo deriva dalla convenzione di Istanbul, di due anni fa, a cui solo recentemente l’Italia ha deciso di partecipare, per porre un argine alla violenza domestica e sociale contro le donne – ci spiega Gilda Bosco, per 26 anni impiegata presso l’Ospedale Grassi di Ostia, prima come infermiera poi come Capo Sala e coordinatrice al DEA del Pronto Soccorso – purtroppo in Italia la legge è ancora lontana dal tutelare le donne in pericolo. Ne ho viste alcune arrivare in Ospedale ridotte in fin di vita, ma quando poi la questione finisce in Tribunale, la via è sempre quella della pacificazione. Una donna deve sopravvivere ad un tentato omicidio prima di vedere le istituzioni prendere provvedimenti contro il suo aguzzino”. Nel foyer del Teatro le persone si stanno raggruppando per l’entrata allo spettacolo Carmen Duo.

“Questo è solo uno dei tanti spettacoli organizzati nell’ambito della rassegna – ci racconta Giorgia Celli, uno dei referenti del Comitato Artistico e coordinatrice di altre iniziative – la mostra fotografica, come le altre performance, nasce direttamente dal Territorio in concomitanza con due avvenimenti sconvolgenti verificatisi a pochi giorni di distanza – continua la dott.ssa Celli – intendo la morte di Michela Fioretti a Dragona  e dopo 14 giorni quella di Alessandra Iacullo; di fronte a questi fatti di cronaca le donne del Municipio si sono mosse per rompere il silenzio. Collaboriamo anche con le scuole, è da lì che deve partire l’educazione al rispetto, la creazione di una rete di sostegno. La domanda che ci poniamo è “cosa succede quando una donna arriva in ospedale?”.

Bisogna prevenire e non solo curare”. Secondo le statistiche più recenti è una donna su tre al mondo a subire violenza gratuita. La convenzione di Istanbul è solo un piccolo passo. Le foto della mostra, ideata da Daniela Taliana dell’Associazione “Spazi all’Arte”, sono curate da appassionati non professionisti, Jone Pietrantonio, Gabriella Grieco, Daniela Taliana, Edoardo Lomazzi, Matteo Abati, Vera Marchetti. Hanno un colore sfolgorante, di rosso, d’arancio, di rosa fucsia, incorniciano volti sorridenti, braccia alzate con cartelli di protesta, girotondi di donne e bambine, trampoliere che legano la città con dei fili colorati in un circuito stretto che sembra proprio la rete di protezione di cui ci hanno parlato. Immagini rubate alla Manifestazione del 1 Giugno, partita dal Palazzo del x Municipio fino a S. Agostino, la sede della Casa della Donna e del Bambino e poi fino al pontile, per coinvolgere tutti i cittadini in una voce corale appassionata. Tra i quadri di vita anche narrazioni che ci parlano della violenza e di donne che si difendono, brani tratti da canzoni famose come la Fata di Edoardo Bennato, le poesie di Alda Merini, il libro di Serena Dandini Ferite a morte, in cui sono raccolte innumerevoli testimonianze. Tra due strascichi di velo rosa anche piccoli necrologi, con i nomi e il ricordo delle anime torturate da uomini che dicevano di amarle. Una sinergia affascinante ed efficace, che si lascia piacevolmente raccontare da immagini concrete capaci di superare, a volte, anche la mera parola scritta.




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